Lo scopo di questo articolo è INFORMARE il lettore su alcune dinamiche comportamentali che si instaurano nel bambino già nei primi mesi di vita, spero di non turbare la sensibilità di chi legge, spero che nessuno si possa sentir giudicato dai contenuti espressi in questo breve scritto.
Affronterò quindi il delicato tema dell‘attaccamento, meccanismo comportamentale che sorge molto presto durante lo sviluppo del neonato e che, piaccia o meno, condizionerà in modo clamoroso gran parte delle attitudini di natura prettamente sociale che il bambino manifesterà in età adulta.
Cos’è l’attaccamento ai genitori? Può essere definito come la fiducia che nutriamo nei confronti di chi ci vuol bene, di chi si prende cura di noi, in poche parole l’attaccamento altro non è che la simbiosi che si crea nel rapporto fra genitore e figlio. Non sempre però l’attaccamento è uguale per tutti i bambini e la sua intensità dipende chiaramente dal comportamento dei genitori nei confronti del proprio cucciolo.
Parliamo quindi di attaccamento sicuro ed insicuro: nel primo caso il cucciolo d’Uomo sviluppa totale fiducia nei confronti di chi lo ama, nel secondo caso, invece, diciamo che la fiducia non è massima e volendo utilizzare un termine che credo sia appropriato, possiamo parlare di “fiducia condizionata”.
Uno degli studi più importanti in questo ambito fu portato avanti dal dott. Jeff Simspon e dalla sua equipe, che sottoposero un gruppo di bambini di appena un anno al cosi detto “test dell’estraneo”. Un test semplicissimo che prevede di far uscire la mamma dalla stanza e lasciare il bambino con persone che non aveva mai visto e conosciuto.
Le reazioni dei bambini possono essere classificate in due modo: il bambino piange nel momento in cui la mamma si dilegua, il bambino rimane tranquillo, quasi impassibile. Di primo acchito saremmo portati a pensare che il bambino che piange nutra un forte attaccamento nei confronti della mamma, che quindi, l’attaccamento maturato nel primo anno di vita sia sicuro a differenza invece del bambino che rimane impassibile. La realtà dei fatti invece è opposta.
“…la coppia fissa, la monogamia, risulta essere la strategia riproduttiva più efficiente per crescere un cucciolo che, in ultima analisi, nasce senza un minimo di possibilità non solo di riuscire a sopravvivere senza attente cure parentali, ma anche che, le cure parentali, dovranno essere molto sofisticate ed il tempo e le energie impiegate per crescere il cucciolo dovranno essere assolutamente molto elevate. Insomma, è vero che la coppia fissa sarebbe stata imposta dalle condizioni ambientali ma è stata anche un’esigenza imposta dalla nostra nuova condizione del cucciolo che per forza di cosa doveva nascere prematuro.” (scorcio estratto dal capitolo “Un passo indietro”, Ma se fosse vero?)
Il bambino che non piange nutre talmente tanta fiducia nella mamma che è pienamente consapevole che questa mai lo abbandonerà, che tornerà qualora ve ne sia la necessità, che mai lo lascerà da solo in una situazione di pericolo.
In questo caso, l’attaccamento e la fiducia sono quindi totali.
Il bambino che manifesta irrequietezza, che piange e si agita, teme invece che la mamma possa non tornare abbastanza presto, che lo possa lasciare in una situazione di pericolo, che possa, in ultima analisi abbandonarlo.
I soliti bambini che furono sottoposti al test dell’estraneo sono stati monitorati nel tempo ed il loro comportamento in sede di sperimentazione fu predittivo delle competenze sociali che questi avrebbero manifestato in età infantile ed adolescenziale: i bambini che avevano sviluppato un attaccamento sicuro furono giudicati socialmente più competenti già alla scuola elementare mentre all’età di vent’anni riuscivano a vivere meglio la loro emotività ed i loro sentimenti oltre a possedere una maggior capacità di affrontare le problematiche col quale dovevano convivere nel quotidiano.
I bambini invece, che avevano maturato un attaccamento insicuro gestivano peggio la loro emotività oltre ad essere socialmente più diffidenti. Cosa ci insegna questo studio comportamentale?
Non solo che nei primi anni di vita si forma la personalità di ciascuno di noi, non solo che il rapporto che si instaura fra i genitori ed i figli è fondamentale nel determinare le scelte che faremmo da adulti ma, e questo è il punto su cui mi preme richiamare l’attenzione di chi legge, quando siamo adulti non conserviamo alcuna memoria delle esperienze che in qualche modo condizionano le nostre scelte: nessuno di noi è capace infatti di ricordarsi le esperienze vissute nei primi mesi di vita!
Queste esperienze andranno a determinare ciò che possiamo definire la nostra mente inconscia, la mente che, piaccia o meno, determina circa il 90% dei comportamenti che noi manifestiamo nella nostra quotidianità.
Capisco che sia dura da accettare, in pochi sono consapevoli di questa realtà, ma esserne a conoscenza è assolutamente imprescindibile qualora volessimo provare a cambiare…
