Il pensiero è una prerogativa dell’essere umano, ogni volta che ci accingiamo a fare qualcosa siamo sempre portati a pensare prima di agire. E’ quindi assolutamente normale che la nostra mente viva in un continuo stato di sollecitazione.
Il problema, se così lo si vuol chiamare, sorge nel momento in cui diveniamo schiavi dei dei nostri pensieri che, in modo a noi inconsapevole, possono risucchiarci in un vortice dal quale diventa complicato uscire. Il cervello vaga ininterrottamente pensando a ciò che è stato, a ciò che sarà e quella che dovrebbe essere una semplice riflessione diventa un rimuginio ininterrotto , una ruminazione mentale. Oltre al fatto di tenere impegnata costantemente la nostra mente a pensare, la conseguenza indiretta della nostra riflessione permanente nasconde dei lati oscuri che rendono la vita particolarmente complicata da affrontare: la ruminazione rende il nostro pensare un processo distruttivo anziché costruttivo.
“Avrei dovuto comportarmi diversamente”, “Se avessi dato retta a mia madre oggi non mi troverei in questa situazione”, “E’ colpa mia se è successo questo o quello”: tutti pensieri che ci martellano durante la giornata che portano, in ultima analisi, a ciò che non dovrebbe mai esser fatto. Giudicarci.
Giudicare le nostre azioni non è quasi mai un comportamento adattativo soprattutto se a compiere questa azione è colui che può essere definito un pensatore compulsivo; un pensatore compulsivo ha solitamente la tendenza a giudicarsi in modo negativo, a mettersi in discussione anche quando non sarebbe richiesto e questo processo autodistruttivo porta spesso ad abbassare la propria autostima.
Quando la stima in noi stessi tende a calare, spesso a causa della eccessiva ruminazione mentale, la vita può trasformarsi in qualcosa che potrebbe esser paragonato a delle sabbie mobili, dove ogni azione o comportamento diventa complicato da mettere in atto. Vuoi perché si fa fatica a prendere una decisione, vuoi perché a seguito della decisione presa aumentano i motivi per promuovere un’ulteriore ruminazione, vuoi perché si tende ad aver paura del giudizio degli altri. Il pensiero diventa quindi una trappola anziché un’arma, un arma che dovrebbe metterci nelle condizioni di vivere meglio, fare scelte oculate, in ultima analisi, essere felici.
“se avete avuto il coraggio di porvi la domanda ed avete quindi mostrato un certo grado di attenzione significa che, alla base di tutto ciò vi è una motivazione a cambiare, forte o debole che sia, una domanda non sorge mai per caso. Una domanda sorge nel momento in cui vi è un’insofferenza, un problema , una motivazione e, per concludere, ho il piacere di comunicarvi che l’attenzione sommata alla motivazione da origine ad una rivoluzione.” (Tratto da “Ma se fosse vero?”)
Il vortice emotivo che ne consegue ha forti implicazioni nella vita di tutti i giorni nei quali diventa complicato anche prendere le decisioni più semplici come scegliere il colore di un vestito (sarà probabilmente uguale a l’ultimo comprato) oppure decidere cosa mangiare al ristorante. Questa insicurezza può portare a conseguenze davvero poco piacevoli tra le quali si annoverano una mancanza di presenza emotiva e di concentrazione, il fatto di non essere in grado di gestire come vorremmo i rapporti con le persone più care, il fatto di mandare a farsi fottere progetti di vita, ma anche semplici esperienze, per la totale incapacità di prendere decisioni nel momento opportuno.
Decidere diventa una sfida complicatissima alla quale inevitabilmente seguiranno rimpianti, preoccupazioni ed altri pensieri che si vanno ad accumulare nella nostra mente.
La vita di tutti i giorni, la frenesia, la tecnologia, l’ambiente alieno nel quale viviamo aumentano enormemente lo stato confusionale ed emotivo fino a far precipitare il ruminatore compulsivo in veri e propri disturbi ansiosi che possono sfociare in attacchi di panico ed insonnia.
Quando una persona prende coscienza del vortice in cui sta precipitando dovrebbe avere il coraggio di premere il tasto “Pausa”, riconnettersi con la Natura, fare un lavoro sulla propria persona che lo aiuti a prendere le distanze dal pensiero autodistruttivo, dal rimuginio continuo.
L’attenzione consapevole, o Mindfulness, serve anche a questo a prendere consapevolezza che i nostri pensieri non sono altro che proiezioni mentali, che i nostri pensieri non esistono nella realtà dei fatti, che i pensieri, esattamente come le emozioni, vanno e vengono.
Faccio anche questo, aiuto chi vuol tornare a vivere il presente in modo gioioso senza esser più schiavo del pensiero compulsivo: ciò è possibile acquisendo delle consapevolezze di una semplicità quasi disarmante ma quando ne parlo ai pazienti sembra che siano concetti di fisica quantistica. Ciò credo sia dovuto al fatto che stiamo perdendo la gioia della vita, sempre troppo indaffarati in cose ed aspetti che, non solo non hanno importanza, ma rendono la vita una vera e propria gabbia. Vivere nel qui e ora, questa è la strada da ritrovare.